[ Indice de L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza ]
Abbiamo visto nell'Introduzione [*7] come i filosofi francesi del XVIII secolo, coloro che prepararono la rivoluzione, si appellassero alla ragione come unico giudice di tutto ciò che esiste. Si doveva costruire uno Stato secondo ragione e una società secondo ragione e tutto ciò che contraddiceva alla ragione eterna doveva essere eliminato senza misericordia. Abbiamo visto del pari che questa ragione eterna in realtà non era altro che l'intelletto idealizzato del cittadino della classe media che proprio allora andava evolvendosi nel borghese moderno. Ora, quando la Rivoluzione francese ebbe realizzato questa società secondo ragione e questo Stato secondo ragione, le nuove istituzioni, per quanto razionali esse fossero a paragone del precedente stato di cose, tuttavia non risultarono affatto assolutamente razionali. Lo Stato secondo ragione era completamente andato in fumo. Il contratto sociale di Rousseau aveva trovato la sua realizzazione nel Terrore, uscita dal quale la borghesia, che aveva perduto la fede nella propria capacità politica, si era rifugiata prima nella corruzione del Direttorio, e finalmente sotto la protezione del dispotismo napoleonico. La pace perpetua che era stata promessa si trasformò in una guerra di conquista senza fine. La società secondo ragione non ebbe una sorte migliore. Il contrasto tra ricchi e poveri, anziché risolversi nel benessere generale, fu acuito dall'eliminazione dei privilegi corporativi e di altro genere che lo coprivano e delle istituzioni benefiche della Chiesa che lo attenuavano [b27]; lo slancio dell'industria su base capitalistica elevò miseria e povertà delle masse lavoratrici a condizione di vita per la società [b28]. Il numero dei delitti crebbe di anno in anno. Se i vizi feudali, che prima facevano spudoratamente mostra di sé alla luce del sole, furono, se non soppressi, almeno temporaneamente confinati in secondo piano, al loro posto tanto più rigogliosamente fiorirono i vizi borghesi sino allora coltivati in segreto. Il commercio, sviluppandosi, divenne sempre più imbroglio. La parola d'ordine rivoluzionaria della "fratellanza" si realizzò nelle angherie e nelle invidie della lotta della concorrenza. Al posto dell'oppressione violenta subentrò la corruzione, al posto della spada, quale leva principale del potere sociale, subentrò il denaro. Il diritto della prima notte passò dai signori feudali ai fabbricanti borghesi. La prostituzione dilagò in misura sinora inaudita. Il matrimonio stesso rimase, come prima, una forma giuridicamente riconosciuta, un mantello che ufficialmente copriva la prostituzione e venne inoltre completato dall'adulterio praticato su larga scala. Per farla breve, confrontate con le pompose promesse degli illuministi, le istituzioni sociali e politiche instaurate con il "trionfo della ragione" si rivelarono caricature e amare delusioni. Mancavano ancora solo gli uomini che constatassero questa delusione: e questi uomini vennero all'inizio del nuovo secolo. Nel 1802 apparvero le "Lettere ginevrine" di Saint-Simon; nel 1808 apparve la prima opera di Fourier, quantunque le basi della sua teoria datassero dal 1799; il primo gennaio del 1800 Robert Owen prese la direzione di New Lanark [161].
Ma in questo periodo il modo di produzione capitalistico e con esso l'antagonismo tra borghesia e proletariato era ancora poco o nulla sviluppato. La grande industria che era appena sorta in Inghilterra era ancora sconosciuta in Francia. Ma solo la grande industria sviluppa, da una parte, quei conflitti che rendono ineluttabilmente necessario un rivoluzionamento del modo di produzione [b29]: conflitti non solo tra le classi che essa forma, ma anche tra le stesse forze produttive e le forme di scambio che essa parimente crea; e dall'altra sviluppa, proprio in queste gigantesche forze produttive, anche i mezzi per risolvere questi conflitti. Se quindi intorno al 1800 i conflitti scaturenti dal nuovo ordinamento sociale erano solo sul nascere, questo vale ancora molto di più riguardo ai mezzi per la loro soluzione. Le masse nullatenenti di Parigi durante il Terrore avevano potuto, per un istante, conquistare il potere [b30], con questo fatto avevano dimostrato solo che nelle condizioni di allora questo potere non era possibile. Il proletariato che cominciava appena a distaccarsi da queste masse nullatenenti, come ceppo di una nuova classe, ancora assolutamente incapace di una azione politica indipendente, si presentava come un ceto oppresso, sofferente, al quale, nella incapacità in cui era di aiutarsi da se stesso, un aiuto poteva tutt'al più portarsi dall'esterno, dall'alto.
Questa situazione storica teneva in suo potere anche i fondatori del socialismo. All'immaturità della produzione capitalistica, all'immaturità della posizione delle classi, corrispondevano teorie immature. La soluzione delle questioni sociali, che restava ancora celata nelle condizioni economiche poco sviluppate, doveva uscire dal cervello umano. La società non offriva che inconvenienti: eliminarli era compito della ragione pensante. Si trattava di inventare un nuovo e più perfetto sistema di ordinamento sociale e di elargirlo alla società dall'esterno, con la propaganda e, dove fosse possibile, con l'esempio di esperimenti modello. Questi nuovi sistemi sociali erano, sin dal principio, condannati ad essere utopie: quanto più erano elaborati nei loro particolari, tanto più dovevano andare a finire nella pura fantasia.
Una volta stabilito tutto questo, non ci fermeremo neanche un momento di più su questo lato che oggi appartiene completamente al passato. Possiamo lasciare a rigattieri della letteratura à la Dühring il compito di andare in giro sofisticando solennemente su queste fantasticherie, che oggi ormai fanno soltanto sorridere, e il far valere di fronte a tali "follie" la superiorità del loro sobrio modo di pensare. Noi preferiamo invece rallegrarci dei germi geniali di idee e dei pensieri che affiorano dovunque sotto questo manto fantastico e per i quali quei filistei non hanno occhi [b31].
Saint-Simon già nelle sue "lettere ginevrine" stabilisce il principio che "tutti gli uomini debbono lavorare". Nello stesso scritto sa già che il dominio del Terrore fu il dominio delle masse, nullatenenti. "Guardate - grida loro - che cosa accade in Francia nel periodo in cui vi dominano i vostri compagni: essi portano la fame." [163] Concepire invece la Rivoluzione francese come una lotta di classe fra nobiltà, borghesia e nullatenenti [b32], era per l'anno 1802 una scoperta genialissima. Nel 1816 egli dichiara che la politica è la scienza della produzione e predice che la politica si dissolverà completamente nell'economia [164]. Se il riconoscimento che la realtà economica è la base delle istituzioni politiche appare qui soltanto ancora in germe, tuttavia la trasformazione del governo politico, esercitato su uomini, in un'amministrazione di cose e in una direzione di processi produttivi è qui espressa già chiaramente, e con essa quell'abolizione dello Stato, su cui di recente si è fatto tanto chiasso. Con pari superiorità sui suoi contemporanei egli dichiara nel 1814, immediatamente dopo l'entrata degli alleati a Parigi, e ancora nel 1815 durante la guerra dei cento giorni, che l'alleanza della Francia con l'Inghilterra, e secondariamente l'alleanza di tutti e due i paesi con la Germania, è per l'Europa l'unica garanzia di uno sviluppo prosperoso e di pace [165]. Per predicare ai francesi del 1815 l'alleanza con i vincitori di Waterloo, ci voleva certo un po' più di coraggio che per dichiarare una guerra di chiacchiere ai professori tedeschi [b33] [166].
Mentre in Saint-Simon scorgiamo una geniale larghezza di vedute grazie alla quale in lui sono contenute in germe quasi tutte le idee non rigorosamente economiche dei socialisti venuti più tardi, in Fourier troviamo una critica delle vigenti condizioni sociali, ricca di uno spirito schiettamente francese, ma non perciò meno profondamente penetrante. Fourier prende in parola la borghesia, i suoi ispirati profeti prerivoluzionari e i suoi interessati apologeti post-rivoluzionari. Egli svela spietatamente la misère materiale e morale del mondo borghese e le contrappone tanto le splendide promesse degli illuministi di una società in cui dominerà la ragione, di una civiltà che darà ogni felicità e di una perfettibilità umana illimitata, quanto l'ipocrita fraseologia degli ideologi borghesi contemporanei, dimostrando come, dovunque, alla frase più altisonante corrisponda la realtà più miserevole, e coprendo di beffe mordaci questo irrimediabile fiasco delle frasi. Fourier non è solo un critico; la sua natura perennemente gaia ne fa un satirico e proprio uno dei più grandi satirici di tutti i tempi. La speculazione e la frode che fiorirono col tramonto della rivoluzione, nonché la generale grettezza bottegaia del commercio francese di allora, vengono descritte da lui con uno spirito pari alla sua maestria. Ancora più magistrale è la sua critica della forma borghese dei rapporti sessuali e della posizione della donna nella società borghese. Egli dichiara per la prima volta che, in una data società, il grado di emancipazione della donna è la misura naturale dell'emancipazione generale [167]. Ma dove Fourier appare più grande è nella sua concezione della storia della società. Egli divide tutto il suo corso quale sinora si è svolto, in quattro fasi di sviluppo: stato selvaggio, stato patriarcale, barbarie, civiltà, la quale ultima coincide con quella che oggi si chiama società borghese [b34] e dimostra che l'"ordinamento civile eleva ognuno di quei vizi, che la barbarie pratica in una maniera semplice, ad un modo di essere complesso, a doppio senso, ambiguo e ipocrita", che la civiltà si muove in un "circolo vizioso", in contraddizioni che continuamente riproduce senza poterle superare, cosicché essa raggiunge sempre il contrario di ciò che essa vuol raggiungere o che dà a vedere di voler raggiungere [168]. Cosicché, per es., "nella civiltà la povertà sorge dalla stessa abbondanza" [169]. Fourier, come si vede, maneggia la dialettica con la stessa maestria del suo contemporaneo Hegel. Con pari dialettica egli, di fronte alle chiacchiere sull'infinita perfettibilità umana, mette in rilievo il fatto che ogni fase storica ha il suo ramo ascendente, ma ha anche il suo ramo discendente [170] ed applica questo modo di vedere anche al futuro di tutta l'umanità. Come Kant introdusse nella scienza naturale la futura distruzione della Terra, così Fourier introduce nel pensiero storiografico la futura distruzione dell'umanità.
Mentre in Francia l'uragano della rivoluzione ripulì il paese, in Inghilterra avvenne una rivoluzione più silenziosa, ma non per ciò meno poderosa. Il vapore e le nuove macchine utensili trasformarono la manifattura nella grande industria moderna e rivoluzionarono così tutta la base della società borghese. Il sonnolento processo di sviluppo del periodo della manifattura si trasformò in un periodo di vero Sturm und Drang [171] della produzione. Con velocità sempre crescente si compì la scissione della società in grandi capitalisti e proletari nullatenenti: tra queste due classi, invece del ceto medio ben definito di una volta, conduce oggi un'esistenza malsicura una massa instabile di artigiani e di piccoli commercianti, la parte più fluttuante della popolazione. Il nuovo modo di produrre era ancora solo all'inizio della sua fase ascendente: esso era ancora il modo di produzione normale e, date le circostanze, l'unico modo possibile. Ma già allora produceva inconvenienti sociali stridenti: assembrarsi di una popolazione senza sede nei peggiori quartieri delle grandi città; dissolversi di tutti i legami tradizionali, della subordinazione patriarcale, della famiglia; sopralavoro specialmente delle donne e dei fanciulli in misura spaventosa, enorme degradazione della classe operaia gettata improvvisamente a vivere in condizioni del tutto nuove [b35]. Apparve allora come riformatore un industriale ventinovenne, un uomo dal carattere di fanciullo, semplice sino al sublime e ad un tempo dirigente nato come pochi. Robert Owen aveva fatta sua la dottrina dei materialisti dell'illuminismo, secondo la quale il carattere dell'uomo è, da una parte, il prodotto dell'organizzazione in cui nasce e, dall'altra, delle circostanze che lo circondano durante la sua vita e specialmente durante il periodo del suo sviluppo. Nella rivoluzione industriale la maggior parte degli uomini della sua classe vedevano solo confusione e caos, che permettono di pescare nel torbido ed arricchirsi rapidamente. Egli vide invece in essa l'occasione per applicare il suo principio favorito e così mettere ordine nel caos. Lo aveva già tentato con successo a Manchester come dirigente di una fabbrica di più di cinquecento operai; dal 1800 al 1829 diresse in qualità di condirettore le grandi filande di New Lanark in Scozia seguendo gli stessi principi, ma solo con maggiore libertà d'azione e con un successo che gli procurò rinomanza europea. Una popolazione, che salì poco a poco a 2.500 unità e che originariamente si componeva degli elementi più svariati e per la massima parte fortemente degradati, fu da lui trasformata in una perfetta colonia modello, nella quale l'ubriachezza, la polizia, il giudice penale, i processi, l'assistenza ai poveri, il bisogno di beneficenza erano cose sconosciute. E tutto questo semplicemente per il fatto che egli mise questa gente in condizioni più degne dell'uomo e, soprattutto, fece educare adeguatamente la generazione nuova. Egli fu l'inventore degli asili d'infanzia e li introdusse qui per la prima volta. A partire dal secondo anno di vita i bambini venivano a scuola dove tanto si divertivano che a stento potevano essere ricondotti a casa. Mentre i suoi concorrenti lavoravano [b36] da tredici a quattordici ore al giorno, a New Lanark si lavorava solo dieci ore e mezza. Allorché una crisi cotoniera costrinse a fermare il lavoro per la durata di quattro mesi, agli operai rimasti disoccupati fu corrisposto il pieno salario. E, così stando le cose, lo stabilimento aveva più che raddoppiato il valore e corrisposto sino all'ultimo ai proprietari un lauto profitto.
Con tutto ciò Owen non era soddisfatto. L'esistenza che aveva creato per i suoi operai era ancora ai suoi occhi molto lontana dall'essere un'esistenza degna dell'uomo; "quegli uomini erano miei schiavi": le condizioni relativamente favorevoli in cui egli li aveva messi erano ancora molto lontane dal permettere uno sviluppo generale e razionale del carattere e dell'intelletto e meno ancora permettevano una libera attività.
"E tuttavia la parte attiva di questi 2.500 uomini produceva per la società altrettanta ricchezza reale quanto appena un mezzo secolo prima avrebbe potuto produrne una popolazione di 600.000 uomini. Io mi chiedevo: che cosa avviene della differenza tra la ricchezza consumata da 2.500 persone e quella che i 600.000 avrebbero dovuto consumare?"
La risposta era chiara. Essa era stata impiegata per versare ai proprietari dello stabilimento il 5% di interesse sul capitale investito ed inoltre più di 300.000 lire sterline (6.000.000 di marchi) di profitto. E ciò che era vero di New Lanark, lo era, e in misura ancora maggiore, per tutte le fabbriche inglesi.
"Senza questa nuova ricchezza creata dalle macchine non si sarebbero potute condurre le guerre per abbattere Napoleone, e per mantenere i principi aristocratici della società. Eppure questo nuovo potere era stato creato dalla classe operaia" [b37] [172]
Ad essa perciò ne appartenevano anche i frutti. Le nuove potenti forze produttive, che sino allora erano servite solo per l'arricchimento dei singoli e l'asservimento delle masse, offrivano a Owen la base per un rinnovamento sociale ed erano destinate, come proprietà comune, a lavorare solo per il benessere comune.
In una tale maniera, tipica del mondo degli affari, e, per così dire, frutto del calcolo commerciale, sorse il comunismo di Owen. E mantenne sempre lo stesso carattere orientato verso la pratica. Così nel 1823 Owen propose di alleviare la miseria irlandese mediante colonie comuniste e allegò ai progetti calcoli completi sulle spese di impianto, sulle spese annue e sui redditi prevedibili [173]. E così nel suo piano definitivo per l'avvenire, l'elaborazione tecnica dei dettagli [b38] è condotta con tale cognizione di causa che, una volta ammesso il metodo di riforma sociale proposto da Owen, anche dal punto di vista di uno specialista ben poco si può dire contro l'organizzazione particolare.
Il passaggio al comunismo fu il punto critico della vita di Owen. Sino a quando si era presentato come semplice filantropo non aveva raccolto altro che ricchezza, plausi, onori e gloria. Era l'uomo più popolare d'Europa. Non solo uomini del suo ceto, ma uomini di Stato e principi lo ascoltavano plaudendo. Ma quando si fece avanti con le sue teorie comuniste, la situazione cambiò di punto in bianco. Tre grandi ostacoli gli sembrava che soprattutto sbarrassero la strada alla riforma sociale: la proprietà privata, la religione e la forma attuale del matrimonio. Attaccandoli egli sapeva che cosa lo attendeva: il bando da tutta la sicurtà ufficiale e la perdita di tutta la sua posizione sociale. Ma non si lasciò distogliere dall'attaccarli senza riguardi e avvenne quello che aveva previsto. Messo al bando dalla società ufficiale, seppellito nel silenzio della stampa, impoverito dal fallimento di esperimenti comunisti in America ai quali aveva sacrificata tutta la sua fortuna, si volse direttamente alla classe operaia e rimase a lavorare nel suo seno per altri trent'anni. Tutti i movimenti sociali, tutti i veri progressi che in Inghilterra sono stati realizzati nell'interesse degli operai, sono legati al nome di Owen. Così nel 1819, dopo una lotta quinquennale, riuscì a fare approvare la prima legge per la limitazione del lavoro delle donne e dei fanciulli nelle fabbriche [174]. Così presiedette il primo congresso in cui le Trade Unions di tutta l'Inghilterra si unirono in un'unica grande organizzazione sindacale [175]. Così introdusse, come misure di transizione verso l'organizzazione completamente comunista della società, da una parte, le società cooperative (di consumo e di produzione) che da allora hanno per lo meno fornito la prova pratica che tanto il mercante quanto il fabbricante sono persone delle quali si può benissimo fare a meno, dall'altra parte, i magazzini di lavoro, istituzioni per lo scambio di prodotti del lavoro per mezzo di una carta-moneta lavoro la cui unità era costituita dall'ora lavorativa [176]; istituzioni che necessariamente dovevano fallire, ma che anticipavano in modo perfetto la banca di scambio proudhoniana [177] di molto posteriore, e se ne distinguevano solo [b39] perché non volevano rappresentare la panacea di tutti i mali sociali, ma solo un primo passo per una trasformazione molto più radicale della società.
Questi sono gli uomini ai quali il sommo Dühring, dall'alto della sua "verità definitiva di ultima istanza", guarda con quel disprezzo con cui nell'introduzione abbiamo dato qualche esempio. E questo disprezzo, sotto un certo rispetto, non è privo di una sua ragion sufficiente: poggia sostanzialmente su un'ignoranza veramente spaventosa delle opere dei tre utopisti. Così di Saint-Simon ci si dice che "la sua idea fondamentale era sostanzialmente giusta e che, prescindendo da alcune unilateralità, fornisce anche oggi l'impulso diretto verso delle riforme effettive". Ma quantunque sembri che Dühring abbia avuto effettivamente tra le mani alcune delle opere di Saint-Simon, invano cercheremo nelle ventisette pagine che vi si riferiscono l'"idea fondamentale" di Saint-Simon, così come prima invano cercavamo che cosa il Tableau économique di Quesnay "potesse significare per Quesnay stesso", e alla fine siamo costretti ad accontentarci di questa frase:
"l'immaginazione e il sentimento filantropico (...) con l'esaltazione della fantasia che vi si collega, domina tutta la cerchia delle idee di Saint-Simon"!
Di Fourier conosce e considera solo le fantasie avveniristiche dipinte con particolari romanzeschi, ciò che in verità, per stabilire l'infinita superiorità di Dühring su Fourier, è "molto più importante" che non l'indagare come costui "abbia tentato di criticare occasionalmente l'effettivo stato delle cose". Occasionalmente! Ma se quasi in ogni pagina sprizzano le scintille della satira e della critica sulle miserie della tanto esaltata civiltà! È come se si dicesse che Dühring solo "occasionalmente" dichiara Dühring il più grande pensatore di tutti i tempi. Quanto alle dodici pagine dedicate a Robert Owen, Dühring non ha altra fonte che la misera biografia del filisteo Sargant che ignorava anche lui gli scritti più importanti di Owen, quelli sul matrimonio e sull'organizzazione comunista [178]. Dühring si può spingere arditamente sino all'affermazione che in Owen non si può "presupporre alcun comunismo deciso". Certo se Dühring avesse solo avuto tra le mani il "Book of the New Moral World" di Owen, vi avrebbe trovato espresso non soltanto il comunismo più deciso, con pari dovere di lavoro e pari diritto al prodotto, pari proporzionalmente all'età, come Owen non manca mai di aggiungere, ma anche l'elaborazione completa per l'edificio della comunità comunista dell'avvenire con lo schema, il piano e la veduta complessiva a volo d'uccello. Se invece si limita lo "studio diretto degli scritti originali dei rappresentanti delle idee socialiste" alla conoscenza del titolo o al massimo del motto di pochi di questi scritti, come fa qui Dühring, certo non rimane altro che una tale asserzione stupida e inventata di sana pianta. Non solo Owen ha predicato il "comunismo deciso", ma lo ha praticato per cinque anni (dalla fine del quarto al principio del quinto decennio del secolo) nella colonia di Harmony Hall nello Hampshire [179], il cui comunismo, quanto a decisione, non lascia niente a desiderare. Io stesso ho conosciuto molti che parteciparono allora a questo esperimento comunista modello. Ma di tutto questo, come in generale di tutta l'attività di Owen tra il 1836 e il 1850, Sargant non sa assolutamente nulla ed ecco perché la "profonda storiografia" di Dühring rimane nella più buia ignoranza. Dühring chiama Owen "sotto ogni riguardo un vero mostro di importuna filantropia". Ma allorché lo stesso Dühring ci istruisce intorno a libri di cui a stento conosce titolo e motto, noi non abbiamo assolutamente il diritto di dire che egli è "sotto ogni riguardo un vero mostro di importuna ignoranza", perché questo sulle nostre labbra sarebbe certamente "ingiurioso".
Gli utopisti, abbiamo visto, furono utopisti perché non potevano essere altro in un'epoca in cui la produzione capitalistica era ancora così poco sviluppata. Essi furono obbligati a costruire gli elementi di una nuova società traendoli dal proprio cervello, perché nella vecchia società questi elementi generalmente non erano ancora chiaramente visibili; per i tratti fondamentali del loro nuovo edificio essi furono ridotti a fare appello alla ragione, precisamente perché non potevano ancora fare appello alla storia del loro tempo. Ma se oggi, quasi ottant'anni dopo la loro apparizione, Dühring entra in scena con la pretesa di sviluppare un sistema "di valore decisivo" di un nuovo ordinamento sociale, traendolo come risultato necessario non già dal materiale fornito dallo sviluppo storico, ma dal suo sommo intelletto, dalla sua ragione gravida di verità definitive, egli, che dovunque fiuta epigoni, proprio egli stesso non è che l'epigono degli utopisti, l'ultimo utopista. Egli chiama i grandi utopisti col nome di "alchimisti sociali". Può darsi. L'alchimia fu necessaria a suo tempo. Ma da quel tempo la grande industria ha sviluppato le contraddizioni che erano latenti nel modo di produzione capitalistico, facendole diventare antagonismi così stridenti, che l'imminente crollo di questo modo di produzione si può per così dire toccare con mano; che le stesse nuove forze produttive possono essere mantenute e ulteriormente sviluppate solo mediante l'introduzione di un nuovo modo di produzione, adeguato al grado di sviluppo che al presente hanno raggiunto; che la lotta tra le due classi prodotte dal modo di produzione sinora vigente, e che si riproducono sempre in una posizione di inasprito antagonismo, ha invaso tutti i paesi civili e diventa ogni giorno più accanita, e che, infine, anche la conoscenza di questo nesso storico, delle condizioni della trasformazione sociale che esso rende necessaria e dei tratti essenziali di questa trasformazione parimente da esso condizionati, è già acquisita. E se oggi Dühring fabbrica un nuovo ordinamento sociale utopistico, traendolo dalla sua sublime scatola cranica anziché dal materiale economico presente, egli non fa soltanto della semplice "alchimia sociale", ma si comporta piuttosto come un uomo che, dopo la scoperta e la constatazione delle leggi della chimica moderna, volesse ristabilire di nuovo la vecchia alchimia e utilizzare i pesi atomici, le formule molecolari, le valenze degli atomi, la cristallografia e l'analisi spettroscopica, unicamente per la scoperta... della pietra filosofale.
159. Engels rimanda all'inizio del primo capitolo dell'Introduzione. In origine il "Vorwärts" pubblicò i primi 14 capitoli dell'"Anti-Dühring" sotto il titolo complessivo "Herrn Eugen Dühring's Umwälzung der Philosophie". A partire dalla prima edizione del volume, i primi due capitoli furono distinti dal resto, come introduzione a tutte e tre le edizioni. Questa nota "Cfr. "Filosofia" I", che era già nella pubblicazione sul "Vorwärts", fu lasciata da Engels in tutte le edizioni da lui curate.
160. Thomas Carlyle, "Past and present", pag. 198. Questa espressione di Carlyle è citata da Engels anche nel suo articolo "Die Lage Englands. "Past and Present" by Thomas Carlyle" ("La Situazione dell'Inghilterra. "Past and Present" di Thomas Carlyle"), pubblicato nei "Deutsch-Französische Jahrbücher", febbraio 1844. (Cfr. Marx-Engels, Opere, vol. III, Roma, Ed. Riuniti, 1976, pag. 490).
161. Le "Lettres d'un habitant de Genève à ses contemporains", la prima opera di Saint-Simon, furono scritte nel 1802 a Ginevra e pubblicate nel 1803 a Parigi senza indicazione di luogo e data di edizione. La data indicata da Engels deriva dal libro di Nicolas-Gustave Hubbard, "Saint-Simon, sa vie et ses travaux. Suivi de fragments des plus célèbres écrits de Saint-Simon", Parigi, 1857, che contiene inesattezze nella datazione di singole opere di Saint-Simon. La prima grande opera di Fourier è la "Théorie des quatre movements et des destinées générales...", scritta nei primi anni del XIX secolo e pubblicata a Lione nel 1808. Sul frontespizio è indicata Lipsia come luogo di Pubblicazione. New Lanark era un cotonificio nei pressi della città scozzese di Lanark, fondato nel 1784 insieme con un piccolo centro abitato.
162. L'idea di Saint-Simon che il fine della società deve essere di migliorare la sorte della classe più numerosa e più povera è espressa nella forma più chiara nel suo scritto "Nouveau Christianisme. Lettres d'Eugène Rodrigues. L'éducation du genre humain" ("Nuovo Cristianesimo. Lettere di Eugène Rodrigues. L'educazione del genere umano"). La prima edizione di questo libro uscì anonima nel 1825 a Parigi.
163. Queste citazioni sono prese dalla seconda delle "Lettere ginevrine". Nel libro di Hubbard "Saint-Simon, sa vie et ses travaux..." questi passi si trovano alle pagine 143 e 145.
164. Il riferimento è all'ottava lettera da: Saint-Simon "Correspondance politique et philosophique. Letres de H. Saint-Simon à un Américain", contenuta in un'opera collettiva pubblicata a Parigi nel 1817 col titolo "L'industrie, ou discussions politiques, morales et philosophiques, dans l'intérêt de tous les hommes livrés à des travaux utiles et indépendans...", vol.II, pp. 83-87. Nel libro di Hubbard "Saint-Simon, sa vie et ses travaux..." questa concezione è esposta alle pagine 155-157.
165. Engels si riferisce a due lavori scritti in comune da Saint-Simon e dal suo allievo Augustin Thierry: "De la organisation de la société européenne, ou de la nécessité et des moyens de rassembler les peuples de l'Europe en un seul corps politique, en conservant a chacun son indépendance nationale" (Parigi, 1814) e "Opìnion sur le mesures à prendre contre la coalition de 1815" (Parigi, 1815). Nel libro di Hubbard "Saint-Simon, sa vie et ses travaux..." riporta alle pp. 149-154 un estratto del primo scritto e alle pp.68-76 un'esposizione del contenuto di entrambi.
166. Allusione alle vicende personali di Dühring (vedi nota 7).
167. Questo pensiero fu sviluppato da Fourier già nella sua "Théorie des quatre movements...", con questa tesi: "I progressi sociali e i mutamenti del tempo avvengono in ragione del progresso delle donne verso la libertà, e la decadenza dell'ordine sociale avviene in ragione della diminuzione della libertà delle donne". Da ciò Fourier concludeva: "...l'estensione dei diritti delle donne è il principio generale di tutti i progressi sociali". Cfr. Fourier, "Oeuvres complètes", tomo 1, Parigi, 1841, pp. 195-196.
168. Cfr. Fourier, "Théorie de l'unité universelle", voll. 1 e 4. In "Oeuvres complètes", tomo 2, Parigi, 1843, pp. 78-79 e tomo 5, Parigi, 1841, pp. 213-214. Sul "circolo vizioso" in cui si muove la società vedi Fourier, "Le nouveau monde industriel et sociétaire...", pp. 27-46, 390. La prima edizione di questo scritto uscì a Parigi nel 1829.
169. Cfr. Fourier, "Oeuvres complètes", tomo 6, Parigi, 1845, p. 35.
170. Cfr. Fourier, "Oeuvres complètes", tomo 1, Parigi, 1841, pp. 50 e seg.
171. Lo Sturm und Drang (Tempesta e Assalto) fu un movimento culturale innovatore, fiorito in Germania nella seconda metà del Settecento, che esaltava l'istintività, la passionalità, la rottura delle convenzioni; ad esso parteciparono anche i giovani Schiller e Goehte.
172. Il passo citato è a pagina 21-22 del libro indicato da Engels nella sua nota; alla stessa fonte risalgono le notizie biografiche su Owen riportate nel capoverso precedente.
173. Robert Owen, "Report of the proceedings at the several public meetings...", pp. 110 e seg.
174. Nel 1815, in un'assemblea a Glasgow, Owen propose una serie di misure per alleviare le condizioni di tutti i fanciulli e adulti che lavoravano nei cotonifici. Il corrispondente progetto di legge, presentato nel giugno 1815 per iniziativa di Owen, fu approvato dal Parlamento solo nel 1819, e fortemente mutilato. La legge, che vigeva per i soli cotonifici, vietava tra l'altro il divieto di lavoro per i fanciulli minori di 9 anni (nella proposta di Owen il limite era di 10 anni) e limitava a 12 ore la giornata lavorativa per i minori di 16 anni. Secondo Owen, invece, il massimo doveva essere ridotto a 10 ore e mezza per tutti i lavoratori.
175. Nell'ottobre 1833 si svolse a Londra, sotto la presidenza di Owen, un congresso delle società cooperative e dei sindacati (Trade-Unions), nel quale fu formalmente fondata la Grand national consolidated Trades' Union; programma e statuto furono approvati nel febbraio 1834. Secondo le intenzioni di Owen questa associazione doveva prendere in mano la direzione della produzione e attuare per via pacifica un completo rivolgimento della società. Questo piano utopistico fallì di fronte alla forte resistenza della borghesia e dello Stato, l'associazione si sciolse nell'agosto 1834.
176 I magazzini di lavoro o Equitable Labour Exchange Bazaars (empori per lo scambio equo dei prodotti del lavoro) furono creati in varie città dell'Inghilterra da cooperative operaie; il primo di essi fu creato da Owen nel settembre 1832 a Londra; esso esistette fino alla metà del 1834.
177. Il 31 gennaio 1849 Proudhon fondò a Parigi la Banque du peuple (Banca del popolo); essa esistette per circa due mesi, e solo sulla carta.
178. I principali scritti di Robert Owen riguardanti il matrimonio e l'organizzazione comunista sono: "The marriage system of the new moral world..." (Leeds, 1838); "The book of the new moral world..." in 7 parti (Londra, 1836-1844) e "The revolution in the mind and practice of the human race..." (Londra, 1849).
179. Harmony Hall era il nome di una colonia comunista, fondata alla fine del 1839 a Queenwood nello Hampshire da socialisti utopisti inglesi capeggiati da Owen. Esistette fino al 1845.
b27. [aggiunta] la "libertà della proprietà" dei ceppi feudali, diventata ora una realtà, si presentava ai piccoli borghesi e ai piccoli contadini come la libertà di vendere la loro piccola proprietà, schiacciata dalla concorrenza preponderante del grande capitale e della grande proprietà terriera, precisamente a questi grandi signori, e quindi come libertà di trasformarsi, per i piccoli borghesi e per i piccoli contadini, nella libertà dalla proprietà.
b28. [aggiunta] Il pagamento in contanti divenne sempre più, secondo l'espressione di Carlyle, l'unico elemento di coesione della società [160].
b29. [aggiunta], una soppressione del suo carattere capitalistico
b30. [aggiunta] e così portare alla vittoria la rivoluzione borghese anche contro la borghesia.
b31. [aggiunta] Saint-Simon fu un figlio della grande Rivoluzione francese, al cui scoppio egli non aveva ancora trent'anni. La rivoluzione fu la vittoria del terzo stato, cioè della gran massa della popolazione attiva nella produzione e nel commercio, sugli stati oziosi sino allora privilegiati: la nobiltà e il clero. Ma la vittoria del terzo stato si era presto rivelata come la vittoria esclusiva di una piccola parte di questo stato, come la conquista del potere politico da parte dello strato sociale privilegiato di esso, la borghesia possidente. E invero, questa borghesia si era rapidamente sviluppata già durante la rivoluzione, sia mediante la speculazione sulla proprietà terriera nobiliare ed ecclesiastica confiscata e poi venduta, sia mediante la frode compiuta ai danni della nazione dai fornitori militari. Fu proprio il dominio di questi imbroglioni che sotto il Direttorio condusse la Francia e la rivoluzione sull'orlo della rovina e con ciò dette a Napoleone il pretesto per il suo colpo di Stato. Così nella testa di Saint-Simon l'antagonismo di terzo stato e stati privilegiati prese la forma dell'antagonismo tra "lavoratori" ed "oziosi". Gli oziosi non erano soltanto gli antichi privilegiati, ma anche tutti coloro che vivevano di rendite senza partecipare alla produzione e al commercio. E i "lavoratori" non erano soltanto i salariati, ma anche i fabbricanti, i mercanti e i banchieri. Che gli oziosi avessero perduta la capacità della direzione spirituale e del dominio politico era un fatto compiuto e dalla rivoluzione aveva avuto l'ultimo suggello. Che i nullatenenti non possedessero questa capacità, questo fatto appariva a Saint-Simon provato dalle esperienze del Terrore. Ma chi doveva dirigere e dominare? Secondo Saint-Simon la scienza e l'industria, entrambe tenute insieme da un nuovo vincolo religioso, destinato a ristabilire l'unità delle idee religiose distrutta sin dal tempo della Riforma: un "nuovo cristianesimo" necessariamente mistico e rigidamente gerarchico. Ma la scienza erano i professori e l'industria erano in prima linea i borghesi attivi, fabbricanti, mercanti e banchieri. Questi borghesi si sarebbero, è vero, dovuti tramutare in una specie di pubblici ufficiali, di amministratori fiduciari della società, ma tuttavia avrebbero dovuto occupare di fronte agli operai una posizione di comando e anche economicamente privilegiata. I banchieri specialmente avrebbero dovuto essere chiamati a regolare, mediante una regolamentazione del credito, tutta la produzione sociale. Questa concezione corrispondeva ad un periodo in cui in Francia la grande industria e con essa l'antagonismo tra borghesia e proletariato era proprio solo sul nascere. Ma ciò che Saint-Simon particolarmente accentua è questo: che a lui ciò che in primo luogo importa, dovunque e sempre, è la sorte della "classe più numerosa e più povera" (la classe la plus nombreuse et la plus paure) [162].
b32. Concepire invece la Rivoluzione francese come una lotta di classi, e non solo tra nobiltà e borghesia, ma tra nobiltà, borghesia e nullatenenti
b33. ci voleva in realtà sia coraggio sia lungimiranza storica.
b34. [aggiunta], ossia con l'ordinamento sociale introdotto a partire dal XVI secolo.
b35. [aggiunta] dalla campagna alla città, dall'agricoltura all'industria, da condizioni stabili a condizioni malsicure e mutevoli di giorno in giorno.
b36. facevano lavorare
b37. [in nota] Da "Revolution in Mind and Practice", memoriale rivolto a tutti i "repubblicani rossi, comunisti e socialisti d'Europa" e inviato al governo provvisorio francese nel 1848 ma anche "alla regina Vittoria e ai suoi consiglieri responsabili".
b38. [aggiunta] comprendente lo schema, il piano e la veduta complessiva a volo d'uccello.
b39. e tuttavia se ne distinguevano proprio
Socialismo: II. Elementi teorici
Indice de L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza
Ultima modifica 16.10.2002